Il sole di fine agosto sta portando a maturazione le carrube, la cui raccolta, quando ero bambino, precedeva quella delle olive.
Ora nessuno le raccoglie,  quelle che cadono sulla strada che sale tra le villette vengono  schiacciate dalle auto in trasito e scopate via da chi è incaricato  della pulizia.
Oggi è una  pianta ornamentale, però sino a cinquantanni fa' era un notevole  tassello dell'economia agricola dalle nostre parti. E' un grosso albero,  originario dell'Asia Minore, da cui si è esteso per coltivazione  antichissima a tutto il Mediterraneo, ma solo nelle zone in cui la  temperatura invernale difficilmente scenda sotto zero.
Le belle  foglie lucide non cadono in inverno e in settembre maturano i frutti e  contemporaneamente i fiori, che sono piccoli e verdastri; i frutti sono  baccelli appiattiti grandi come una banana, sono molto zuccherini e  venivano utilizzati per nutrire il bestiame, soprattutto i cavalli che  allora trainavano carrozze e tram nelle città.
Ricordo da  bambino le ultime carrozze che portavano i turisti e aspettavano sulla  piazza della stazione, i cavalli avevano un cappello di paglia con i  buchi per le orecchie e un sacchetto di carrube appeso al muso...  masticando facevano il pieno, un pieno ecologico anche se poi ne  lasciavano gli scarti (biodegradabili...) lungo la strada.
Nella zona  dove ho il terreno, i carrubi abbondavano in tutte le scarpate non  coltivate ad olivo, ancora adesso ce ne sono molti lungo la strada e nei  giardini delle villette. Nel mio terreno sono circa una decina, molto  apprezzati dalle caprette per l'ombra che fanno nelle calde giornate  estive e per i frutti che cadono con le raffiche di vento in un periodo  in cui c'è scarsità d'erba.
Una  curiosità: il termine “carato”, cioè l'unità di misura dei preziosi,  deriva dall'arabo “quirat”, seme di carrubo, che veniva usato come peso  nei bilancini; se ne facevano anche rosari e anche adesso, se leggete  gli ingredienti di merendine o gelati, potrete trovare la dicitura:  farina di semi di carrubo.