sabato 26 luglio 2003

EFFETTI COLLATERALI




Come in ogni medicinale, oltre agli effetti positivi e benefici, ci sono degli effetti collaterali che possono essere poco piacevoli, anche nell'utilizzo delle caprette tibetane per la pulizia del mio oliveto ci sono stati degli effetti collaterali negativi... Anzitutto costruire un recinto a prova di evasione in un terreno scosceso e a fasce come il mio non è stato molto facile, inoltre ci si mettevano anche i cinghiali, che sollevavano la rete con il loro muso a cuneo per entrare a cercare tuberi e lumache, specie dopo le giornate di pioggia.
Così le caprette uscivano per andare a pascolare nei terreni circostanti incolti e invasi dalla macchia mediterranea (ginestre, lentischi, mirto e alanterno), per poi tornare verso casa dalla parte esterna del recinto e arrivando ovviamente alla zona da me coltivata a orto e giardino... a farne le spese erano sopratutto le viti e le foglie basse dei limoni, mentre inizialmente venivano rispettate le sterlitzie, fiori a cui ero particolarmente attaccato e che curavo da anni...
Era stato un mio conoscente che aveva un bel villino in una zona di Alassio chiamata regione Paradiso a darmi le sementi, che otteneva lavorando sui fiori con bisturi e pennellino in quanto queste piante nella zona di origine vengono impollinate dai colibrì; questi semi sembrano dei pallini di piombo con attaccata una piumetta color arancio e impiegano parecchio tempo a germogliare, poi anche la pianta, nei nostri climi, è piuttosto lenta a crescere i primi anni... comunque ero riuscito a farne due bei filari con foglie alte quasi un metro e mezzo e in primavera raccoglievo dei bei mazzi di fiori pur lasciandone parecchi sulla pianta.
Dopo un primo periodo di tregua, probabilmente perchè c'era altro da mangiare, un bel giorno mi trovo tutte le foglie rosicchiate, restavano solo gli steli che sono abbastanza coriacei... In quel momento ho capito che anzichè cercare di tenere le caprette dentro il recinto, mi conveniva tenerle fuori della zona coltivata, che ho circondato con un secondo recinto a prova di capre e cinghiali... quindi rete robusta da mt. 1,50 , alla base risvoltata verso l'esterno e interrata, pali in tubo zincato.
Tagliati alla base gli steli rosicchiati, sarchiato e concimato bene, quindi annaffiato con regolarità, pian piano le piante si sono riprese, con delle belle foglie (anche se non alte come prima, ci vuole tempo)... Tutto procedeva per il meglio e prevedevo un discreto raccolto di fiori, quando mi accorgo che due caprette sono incinte e per evitare che partoriscano fuori, col rischio che i piccoli finiscano in bocca a volpi o altri animali, decido di rinchiuderle nel pollaio dove anni fa' tenevo le galline...
Nati i piccoli, per un pò ho sfamato le caprette con rami di olivo e di mandorlo, poi un bel giorno ho pensato di liberarle nella zona coltivata proteggendo le piante a rischio con delle reti di plastica che usiamo per la raccolta delle olive... viti e limoni erano ben protetti, le sterlitzie pure, credevo, finchè un giorno non ho visto una capretta che era riuscita ad infilarsi nel tunnel di rete e mi aveva rosicchiato tutte le foglie nuove, ovviamente anche tenere...
Ho rifatto l'operazione precedente, con concimatura e tanta acqua, ora le piante sono come potete vedere dalla foto scattata oggi... riuscirò a vederle fiorire la prossima primavera??

mercoledì 23 luglio 2003

PARTO IN DIRETTA


---Era il 13 giugno, il giorno dopo avevo il traghetto a Vado Ligure per andare due settimane a Capo Corso, ero su nel mio terreno per caricare sull'auto l'attrezzatura da pesca, il fuoribordo, le borse termiche, tutto ancora in ordine sugli scaffali dalla vacanza di fine anno... Valerio e Petre avevano già portato dall'auto quasi tutto, io stavo preparando il sugo nel padellone della pasta, il sole picchiava forte, solo sotto gli olivi si stava bene grazie a una discreta brezza marina. Anche sotto la tettoia della nostra "sala da pranzo all'aperto" si stava discretamente, io avevo anche già apparecchiato.
Nel recinto "maternità" della fascia sotto da parecchi giorni avevamo chiusa una capretta agli ultimi giorni di gravidanza, era da una settimana che tutte le mattine pensavo di trovare i capretti, ma ormai disperavo di vederli prima di partire... Ad un tratto sento un belare strano, gutturale, guardo sotto e vedo la capretta, all'ombra del cespuglio di capperi, piegata sulle gambe posteriori come per urinare.
Stava invece partorendo e dopo qualche altro mugolio, in breve sequenza, ecco due capretti bagnati per terra e la madre che si volta a leccarli mentre ancora la placenta non era completamente uscita... nel frattempo arriva Valerio, Petre è gia andato a casa, anche lui assiste alla coscienziosa pulizia dei capretti che si muovono strisciando e cercando di mettersi in piedi... fanno anche qualche debole belato.
Nel frattempo è cotta la pasta, scolo, la faccio saltare nel padellone e iniziamo a mangiare, lasciando la capretta al suo lavoro di pulizia dei neonati... quando abbiamo terminato il pranzo, controllo la lista del materiale da caricare e poi andiamo di nuovo a vedere i capretti; si sono spostati di poco, ma sono in piedi, puliti ed asciutti anche grazie al ponentino caldo che viene su dal mare, stanno girando intorno alla madre per cercare le mammelle, lei li spinge col muso continuando a leccarli.
Finalmente la ricerca del capezzolo è finita, il più sveglio dei due inizia a succhiare, poi dopo qualche minuto e svariati tentativi anche il secondo, quello tutto bianco, ha trovato la posizione giusta... al pomeriggio prepariamo il pacco sul portabagagli, poi dopo un ultimo sguardo ai capretti, con l'auto carica, vado verso casa dove mi aspetta mia moglie che nel frattempo ha preparato la valigia. Cari capretti, ci rivedremo fra due settimane... Barcaggio ci aspetta!          

                                            

sabato 19 luglio 2003

Vigna e isola

 

Questo è quello che possono vedere le mie caprette, ma pensate siano più interessate al panorama o alle foglie delle viti lì davanti??

mercoledì 16 luglio 2003

VALERIA, CAPRA POCO SERIA..


. Con le ultime due arrivate ero divenuto proprietario di un minibranco composto da Rocky e le tre femmine, i cui iniziali scontri erano stati sedati dal maschietto dominante... Il recinto era divenuto piccolo, l'erba completamente rasata e così avevo iniziato a far uscire maschio e femmine dopo aver protetto con rete l'orto e la serra. Per la verità qualche vite troppo vicina alla rete aveva perso le foglie, ma ciò era ampiamente controbilanciato dal fatto che tutte le infestanti, rovi, edera, rose selvatiche ed altre spinosità venivano divorate come se fosse tenera lattuga, mentre venivano risparmiate le bulbose, come iris e narcisi, che in primavera fiorivano all'ombra degli olivi... forse per l'odore forte che sembra aglio. Una mattina mi telefona il mio amico Valerio, valido aiuto nei lavori di recinzione, dicendomi che gli avevano regalato una capra nana che aveva già messo assieme alle altre... non è granchè, mi dice, ma non immaginavo certo quanta verità nascondessero queste parole.
 Mi racconta che questa capretta era vissuta sempre da sola, unica compagnia le galline e i numerosi cani da cinghiale del proprietario, un contadino che coltivava vasetti di lavanda ed altre aromatiche in alcune serre. Quando non era chiusa nel pollaio, la poveretta veniva legata con una corda di alcuni metri ad un picchetto piantato per terra in un terreno incolto tra le serre, contribuendo a tener pulito questo spiazzo utilizzato anche come parcheggio dai camion che venivano a caricare i vasetti. Alla sera, terminato il lavoro, vado su in campagna a vedere questa capretta, anche perchè le parole di Valerio mi avevano incuriosito ... La poverina sembrava una capra normale a cui avessero accorciato le gambe, con un testone grosso e senza corna, ricordava di più un cane, anche perchè aveva un collare di cuoio spesso e con borchie metalliche (che le ho subito levato). Una pancia asimmetrica e spelacchiata, stava lì ferma a guardare le altre come se si chiedesse che animali fossero; le altre caprette erano di fronte immobili, non riuscivano a capire da dove saltasse fuori questa bestia più grossa di loro. Finalmente Rocky prende l'iniziativa, deve far vedere chi è il capo e si avvicina fiutando guardingo, poi inizia a spintonare, infine si drizza in piedi e piegando la testa da un lato, dà una fiera capocciata all'intrusa... come sbattere contro un muro, il capretto rimbalza indietro e la capra non si sposta, anzi sembra stupita di questa accoglienza. Resto ancora qualche minuto, mentre la situazione è tornata di stallo, poi me ne torno verso casa, pensando di chiamarla Valeria in onore, si fa per dire, del mio amico "compagno di merende".
 Al mattino, mentre sono al lavoro, mi richiama Valerio, dicendomi che era su dal recinto e che a Rocky si era spezzato un corno, era un po' sanguinante, ma che era riuscito a far vedere chi comandava, stava possedendo la nuova arrivata... Da quel momento però ha iniziato a comportarsi come il maschio, annusava l'urina delle altre caprette e sollevava il muso con quella caratteristica smorfia che fanno i maschi, correva insieme a Rocky dietro le caprette mugolando (non sapeva belare), ma ogni tanto gli si concedeva e Rocky non era geloso di come Valeria si comportava con le caprette... Non ha mai partorito, penso fosse troppo vecchia, e dopo un anno circa è sparita, credo sia andata a morire in qualche punto della macchia mediterranea che circonda il mio uliveto, o forse è rimasta in qualche laccio che i bracconieri mettono per i cinghiali. Spero solo che l'anno di libertà che ha avuto nel mio terreno l'abbia in parte ripagata della vita segregata che le hanno fatto fare...

sabato 12 luglio 2003

MARTA E BRICIOLA


Dopo qualche tempo dall'arrivo della prima coppia, considerata la vastità del terreno da pulire, ho pensato che sarebbe stato bene incrementare la popolazione caprina, magari con alcune femmine di discendenza diversa, per evitare accoppiamenti tra consanguinei e mi sono rivolto ai genitori della volontaria della pubblica assistenza già nominata. Il terreno di questi amici era perfettamente rasato, solo nella parte alta era stato lasciato un boschetto in cui le caprette trascorrevano le ore calde della giornata; le due caprette a me destinate erano ancora chiuse nella stalla, si trattava di madre e figlia di circa tre mesi, ci è voluto un po' a prenderle e a legare le zampe con una fettuccia di stoffa... il tutto con le due che belavano come se le stessimo scorticando vive! Finalmente le sistemiamo nel baule dell'auto, io parto rapidamente, sempre con il coro delle due belanti a squarciagola... Il problema era che dovevo attraversare mezza città, con vigili agli incroci che certamente avrebbero sentito il belare disperato, quindi ho messo l'autoradio a palla sintonizzata su una di quelle stazioni che trasmettono musica martellante da discoteca... Per fortuna sono arrivato alla strada che dall'Aurelia porta al mio terreno senza problemi di sorta, pochi tornanti tra le villette ed infine mi fermo nel parcheggio, da dove con un breve sentiero si entra nel mio terreno. Appena apro con cautela il portabagagli mi rendo conto che le due si sono liberate, per paura di far male non avevo stretto troppo i nodi, e quindi altro problema, devo cercare di catturare la piccola senza che mi scappino entrambe, una fatica che non vi dico... inginocchiato dietro l'auto, con le braccia infilate dentro e con la testa che teneva il portellone per evitare che si spalancasse!

Mentre sono in questa precaria condizione, sento il proprietario della villa confinante, che stava annaffiando il giardino che mi dice: - Che fa', signor Paolo, prega? - Finalmente acchiappo la piccola e riesco a tirarla fuori, chiudendo contemporaneamente la madre dentro, poche parole di chiarimento al vicino e via di corsa su per il sentiero con la belante in braccio. Chiusa la piccola nel recinto ripeto l'operazione con la madre, con più tranquillità perché anche se riusciva a sfuggirmi non sarebbe certo scappata lontano dalla figlia... Riunite finalmente le due nel recinto assieme a Rocky e Bettina ho potuto tirare un sospiro di sollievo, senza sapere che i problemi non erano ancora finiti... Infatti la mattina dopo le due non sono nel recinto e non riesco a capire da dove possano essere uscite! Me le immagino trotterellanti lungo la vecchia strada romana, che cercano di ritornare alla loro stalla lontana parecchi chilometri... o schiacciate da un'auto sull'Aurelia... invece al pomeriggio le vedo nella fascia sopra la baracca degli attrezzi che mi stanno guardando curiose... Le adesco con dei pezzi di pane secco e riesco a farle passare su un laccio di corda posato per terra, tiro veloce la fune e acchiappo la madre per una zampa come al rodeo. Potete immaginare la lotta per trascinarla nel recinto, col belare disperato sia della madre che della piccola che ci seguiva... La cosa si è ripetuta per una settimana di seguito senza che riuscissi a capire da dove uscivano, con sempre maggior difficoltà ad acchiapparle; ero disperato, quando erano fuori mi guardavano come per prendermi in giro! Solo dopo un lungo appostamento, dopo aver fatto finta di tornare a casa, sono riuscito a capire da dove uscissero, strisciavano sotto la rete in un punto dove non era ben ancorata.
 La madre l'ho chiamata Marta perchè aveva uno sguardo un po' bovino che mi ricordava una ragazza conosciuta in gioventù, la piccola Briciola, per una macchietta bianca sul muso che sembrava proprio una briciola di pane. Marta aveva due pendini sotto il muso, Briciola li aveva all'attaccatura delle orecchie, mentre Rocky e Bettina non avevano nessun pendino.

giovedì 10 luglio 2003

Come tutto sia iniziato...

Come tutto sia iniziato non è facile dirlo... impegni di lavoro mi avevano impedito per alcuni anni di prendermi cura di questo piccolo paradiso, dove generazioni di miei antenati avevano costruito muri a secco per strappare terreno coltivabile a questa natura ligure così impervia e pur così bella, avevano piantato ulivi e carrubi da cui ricavare un ulteriore reddito nei momenti in cui non erano a rischiare la vita sul mare. Ovviamente rovi, edera ed altre infestanti avevano preso il sopravvento su olivi, mandorli, fichi e altre piante da frutto che avevo piantato e curato per anni, in certe fasce (terrazzamenti) era impossibile entrare, altre sembravano la savana africana con graminacee alte sino alla vita... per non parlare dei muri demoliti dai cinghiali per cercare lumache e tuberi. Un giorno un conoscente mi chiede se può utilizzare alcune fasce per costruire un recinto per il proprio cane che voleva far accoppiare ad una femmina della stessa razza; ovviamente avrebbe pulito e messo una rete robusta, cosa che ha fatto in breve tempo e tutto sembrava procedere per il verso giusto... unico problema è stato che la femmina non intendeva affatto accoppiarsi e tutti i giorni erano zuffe, specie al momento del pasto, così sono diventato proprietario di un recinto vuoto che non sapevo come utilizzare. I genitori di una ragazza, che prestava servizio volontario in una pubblica assistenza di cui io ero dirigente, avevano parecchie caprette che riuscivano a tener pulito un terreno simile al mio, quindi, pensando a come era inselvatichito il mio uliveto, ho deciso di provare a metterne una coppia nel recinto e vedere come e in quanto tempo sarebbero riuscite a pulirlo dalle erbacce... Il mio socio di lavoro mi ha portato dopo pochi giorni um maschietto nero e una femminuccia quasi tutta marrone di circa cinque mesi, gli erano stati regalati da un suo vicino della Valbormida e avevano belato disperati per tutto il viaggio da Cairo Montenotte ad Alassio... era sconvolto! Li aveva sistemati in un grosso bacile di plastica ricoperto di rete, ma appena liberati nel recinto si sono subito calmati. Dopo circa una settimana hanno iniziato a venir a prendere il pane dalle mie mani, il maschietto l'ho chiamato Rocky, la femminuccia Bettina ed è così iniziata la mia Love Story con le caprette tibetane.                                

 
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