domenica 28 dicembre 2003

KHORAKHANE'


Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento
porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane
per un solo dolcissimo umore del sangue
per la stessa ragione del viaggio viaggiare.
il cuore rallenta e la testa cammina
in un buio di giostre in disuso
qualche rom si è fermato italiano
come un rame a imbrunire su un muro
saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura
nei sentieri costretti in un palmo di mano
i segreti che fanno paura
finchè un uomo ti incontra e non si riconosce
e ogni terra si accende e si arrende alla pace.
I figli cadevano dal calendario
Yugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via
e poi Mirka a san Giorgio di maggio
tra le fiamme dei fiori a ridere e bere
e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi
e dagli occhi cadere
Ora alzatevi spose bambine
che è venuto il momento di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e fortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio.
Fabrizio De Andrè
Ogni tanto la cronaca ci porta notizia di bimbi rom bruciati nelle loro baracche o roulottes, oppure di incidenti simili capitati a “turisti” rumeni venuti in Italia a cercare fortuna...
In questa fine d'anno, funestato da una serie infinita di disastri provocati da uomini o dalla natura, voglio lasciare come messaggio di pace e fratellanza, contro ogni discriminazione per razza o religione, questa bella canzone-poesia di De Andrè.
E' stato maestro di tolleranza, di esaltazione degli umili, degli sconfitti, dei diversi... pensate come sarebbe diverso il mondo se queste idee fossero patrimonio comune...
BUON ANNO A TUTTI... o meglio, come si dice in Corsica, PACE E SALUTE!

venerdì 26 dicembre 2003

LE DUE PANCHINE


In un mio post del 18 agosto scorso, che vi invito a leggere nel mio archivio, parlavo delle due panchine da cui mi piace osservare il mondo attorno a me... come scrivevo, molte cose accomunano le due panchine, da entrambe si ha davanti il mare ed un isolotto, la Gallinara ad Alassio, la Giraglia a Barcaggio.

Differente è la posizione, una è rivolta a sud e l'altra a nord, una cosa che non avevo scritto è che una è praticamente sul 44° parallelo (che attraversa Alassio) e una esattamente sul 43°, per poche decine di metri... una diecina di giorni fa, con una visibilità ottima, dalla panchina nel mio terreno, al tramonto, si vedeva perfettamente la Corsica, oltre che l' Elba e la Capraia, peccato che non avevo con me la macchina fotografica con un buon obbiettivo.

Ora la panchina di Barcaggio mi attende, sarò li a Capodanno a festeggiare l'inizio del 2004 con i miei amici corsi, nel piccolo ristorante sul porticciolo... lo scorso anno eravamo in 15, oltre a noi due quasi tutti gli abitanti.

Troverò ad aspettarmi il gabbiano che solitamente è posato sulla punta del porticciolo o forse ci sarà il merlo blu che lo scorso gennaio era tutto il giorno sullo stesso posto del gabbiano... quello che so sicuramente è che non dovrò subire il chiasso della mia piazzetta alassina e soprattutto le lagnosissime musiche natalizie che diffondono gli altoparlanti tutto il giorno dai primi di dicembre... sempre le stesse quattro o cinque canzoni, dalle 10,30 alle 20...

Anche il rumore dei botti sarà contenuto, solo qualche fucilata verso il cielo stellato a mezzanotte, poi basta, non certo la guerra di botti che qui dura sin quasi al mattino... ci sono bastati i botti di Bush su Bagdad, grazie....

martedì 23 dicembre 2003

ORIONE, IL GIGANTE CACCIATORE

Serata di tramontana, per ora non molto fredda, scendo al parcheggio sotto il mio terreno senza accendere le luci, voglio godermi il cielo stellato che in inverno è particolarmente interessante. Lontano verso est una nave da crociera sfolgorante di luci, sullo sfondo un temporale con lampi che illuminano nubi molto basse all'orizzonte... dovrebbe essere sulla Capraia o verso Livorno. 
Pian piano gli occhi si abituano al buio ed ecco che le stelle diventano più luminose, più numerose... alto sopra il temporale lontano brilla la cintura di Orione, i tre re, racchiusi in quella specie di clessidra formata da Betelgeuse, Bellatrix, Rigel e Saiph, la meno luminosa...il gigante cacciatore Orione che con la spada sguainata insegue le Pleiadi difendendosi dal Toro. La costellazione del Toro, in alto seguendo l'allineamento dei tre re, con Aldebaran circondata dalla sua corte di stelle e ancora più in alto le Pleiadi, macchia luminosa che solo osservando bene si riesce a dividere in singole stelle.
Più tardi, sempre allineato alla cintura di Orione ma dalla parte opposta, sorgerà Sirio, la stella più luminosa del cielo, nella costellazione del Cane Maggiore. Però sono le Pleiadi e la cintura di Orione che gli appassionati preferiscono guardare anche con un buon binocolo... nella cintura si concentrano stelle e nebulose tra cui la nebulosa oscura Testa di Cavallo e sotto la cintura, come un pendino, altre stelle e la grande nebulosa M42. 
Mentre continuano i lampi lontani sull'orizzonte e la nave da crociera è quasi arrivata al largo di Capo Mele, inizio a sentir freddo e salgo in macchina... appena girata la chiavetta ed accese le luci, le stelle si fanno più fievoli, l'incantesimo si rompe, le luci della città che ci negano questo spettacolo del cielo mi attendono...

sabato 20 dicembre 2003

BUON NATALE DA....


                    Briciola
      Pina
     e.....       Gigi

giovedì 18 dicembre 2003

IL CAPPERO



E' un cespuglio estremamente rustico, può crescere su un vecchio muro quasi senza terra, purchè sia ben esposto al sole. Dalla base dei rami secchi dell'anno precedente a primavera crescono i nuovi getti con le caratteristiche foglie tonde; alla base di ogni foglia c'è un bocciolo, che se non raccolto per essere messo sotto sale o aceto, diventerà un bel fiore bianco con i caratteristici stami violetti.

All'attaccatura di foglia e fiore ci sono due piccole spine ricurve, che si agganciano fastidiosamente ai vestiti di chi raccoglie i boccioli. I grandi fiori bianchi si schiudono la sera, per restare aperti sino a quando il sole caldo non fa' cadere petali e stami; il pistillo, se fecondato, si trasformerà in una sorta di piccolo cetriolo pieno dei semi. Anche il frutto (tapino), immaturo e tenero, può essere conservato come i boccioli.

L'insetto che più di ogni altro contribuisce all'impollinazione, è una grossa farfalla notturna con ali corte che battono velocemente e che riesce a restare immobile a pochi centimetri dal fiore il cui polline succhia con la lunga lingua... ricorda un po' il comportamento del colibrì.

Esiste una varietà di cappero più selvatica, con fiori piccoli e sfumati di viola.

Il cappero è una pianta longeva, a crescita lenta, difficile da propagare per talea, patisce molto l'umidità del terreno e la posizione migliore è sul bordo di un muretto a secco. Per me ha un grosso pregio oltre a produrre i gustosi capperi, le caprette non lo mangiano...

lunedì 15 dicembre 2003

IL GABBIANO REALE



E' il padrone del mare... può sembrare goffo quando cammina con le sue zampe palmate, ma basta uno scatto e un battito d'ali per diventare una straordinaria macchina volante. Prende quota con lenti e misurati movimenti delle ali, poi sfruttando le correnti ascensionali, con ampi cerchi sale sempre più in alto. Le grandi ali immobili, il corpo disteso e le zampe nascoste nel piumaggio del ventre, esplora la superfice del mare dall'alto alla ricerca di qualche pesce azzurro che nuoti a pelo d'acqua, poi come un jet in picchiata si getta sulla preda.
Un veloce colpo del becco sfiorando la superfice del mare ed eccolo risalire con un argenteo pesciolino nel becco, un becco giallo robusto e tagliente come un rasoio. Ma è soprattutto quando il mare è agitato che è uno spettacolo stare ad osservarli, vederli volare a pochi centimetri dall'acqua, a volte sulla cresta dell'onda confondendosi col bianco della schiuma, a volte sparendo nel cavo dell'onda per riapparire più lontano.
Purtroppo molti di loro si sono adattati ad una vita più comoda, cibandosi nelle discariche e facendo il nido su vecchi edifici abbandonati, ai margini di una società, quella umana, che sta mutando il volto del pianeta. Altri fortunatamente nidificano solo su alte scogliere e nutrono la prole e se stessi cacciando sul mare... mi piacerebbe pensare che sia una loro libera scelta, gabbiani ecologisti...

venerdì 12 dicembre 2003

LA LEGGENDA DI NATALE


Parlavi alla luna, giocavi coi fiori
avevi l'età che non porta dolori
e il vento era un mago, la rugiada una dea
nel bosco incantato di ogni tua idea
....................................
E venne l'inverno che uccide il colore
e un babbo Natale che parlava d'amore
e d'oro e d'argento splendevano i doni
ma gli occhi eran freddi e non erano buoni
..........................................
Coprì le tue spalle di argento e di lana,
di perle e smeraldi intrecciò una collana
e mentre incantata lo stavi a guardare
dai piedi ai capelli ti volle baciare
.....................................
E adesso che gli altri ti chiamano dea
l'incanto è svanito da ogni tua idea
ma ancora alla luna vorresti narrare
la storia di un fiore appassito a Natale,
la storia di un fiore appassito a Natale.
Fabrizio De Andrè

Ho voluto postare questa bella e poco conosciuta canzone-poesia di De Andrè, per ricordarlo in questo periodo di canzoni natalizie melense... nella piazzetta sotto casa mia oltre agli addobbi luminosi ed a un povero abete segato e piazzato lì in mezzo, hanno installato degli altoparlanti che diffondono lagnosissimi cori di bimbi, per la gioia di chi verrà al mare a trascorrere le feste.
l'isola Gallinara a mezzogiorno
Io però me ne vado nel mio terreno a sentir belare le caprette e a potare gli olivi... tra l'altro oggi era una discreta giornata e solo verso sera sono arrivate nubi e qualche goccia di pioggia... anche il mare era calmo, con un po' di tramontana.

giovedì 11 dicembre 2003

L' AGAVE


Ho sempre avuto la passione delle piante grasse, passione favorita anche dal clima della Riviera, che permette di coltivarle all'aperto senza problemi di gelo... ci sono piante poi, come le crassulacee che fioriscono proprio in inverno.

Le scarpate della strada che dall'Aurelia sale al mio terreno sono piene di agavi e fichi d'india, oltre che da cespugli di rosmarino, ma le agavi sono tutte a foglia stretta e lunga, mentre a me sono sempre piaciute quelle a foglia larga verde scuro e dal portamento eretto.

Così, circa vent'anni fa, trovandone una piccola ho pensato bene di piantarla su un muretto che delimita il sentiero che si inerpica tra gli olivi... man mano che cresceva mi ripromettevo di spostarla in un punto dove ingombrasse meno, ora ho deciso che è meglio spostare sentiero e muretto, anche perchè quest'ultimo è praticamente crollato...



Ah, dimenticavo, l'agave fiorisce una sola volta facendo uno stelo alto alcuni metri... poi secca per lasciare spazio alle altre agavi nate intorno dalle radici.

domenica 7 dicembre 2003

LA BALENA LIBERATA



Era una enorme balena, faceva giocare tanti bambini che soprattutto si divertivano a farsi ingoiare da quella enorme bocca... qualcuno si nascondeva dentro prima che la chiudesse, altri si appendevano alla mascella per farsi sollevare da terra.
Io non ce l'avevo con la balena, mi era anche simpatica con quel suo occhio grande che mi guardava quando bevevo il caffè seduto fuori del baretto sulla spiaggia, in fondo alle scale di casa mia; ce l'avevo con chi aveva messo questa enorme balena gonfiabile proprio li davanti, chiudendomi la vista del mare... e poi mi dava un po' fastidio anche il rumore del compressore che la teneva gonfia e che faceva aprire e chiudere la bocca.
Il grosso polpo-scivolo era più discreto, e poi non era li davanti, anche il giardino delle palme non ingombrava molto la vista, la balena invece mi toglieva anche il basso sole invernale con la sua mole...
La spiaggia stamattina, senza la balena...
Alla sera veniva sgonfiata, come gli altri giochi, e ben piegata in un pesante fagotto sulla sabbia, tanto neppure la tramontana più forte l'avrebbe spostata...
Una notte però il mare ha iniziato a gonfiarsi, le onde sempre più grandi hanno iniziato a mangiarsi la spiaggia, la corrente da libeccio ha prima lambito, poi pian piano scavato la rena sotto il fagotto della balena addormentata e pian piano l'ha trascinata nel suo ambiente naturale, il mare.
Non so quando si sia svegliata, quando si sia resa conto finalmente di nuotare di nuovo libera sul mare, portata da una risacca sempre più forte. Era tanta l'abbrezza della libertà che non si è resa conto di essere trascinata tra i piloni del molo dove si è incastrata tra cemento e scogli coperti di muscoli (le cozze, come le chiamate voi terragni...)
Al mattino è stata scoperta li sotto, così hanno tentato con un grosso gozzo a motore di trascinarla fuori, verso la spiaggia da cui era scappata, ma complice il mare che l'aveva parzialmente insabbiata gli sforzi sono stati vani...per quanto il motore rombasse, per quanto tirassero gli uomini, lei resisteva.
Calata la notte il mare amico ha cambiato corrente, le onde spingevano da scirocco sempre più forte, finchè la balena finalmente di nuovo libera, scansati i piloni del molo si è diretta in mare aperto, facendo perdere le sue tracce... dicono sia finita nella fossetta, una voragine marina a ridosso di Capo Mele, io voglio pensare che stia nuotando al largo, verso quel santuario dei cetacei che è il mare tra noi e la Corsica... a capodanno vado a Barcaggio, sulla punta di Capo Corso, col traghetto... chissà ....

giovedì 4 dicembre 2003

IL MARE D' INVERNO DUE


Oggi il mare era così, onda lunga da scirocco, nuvole basse e un bel acquazzone all'orizzonte... poi come capita spesso sulla Riviera, è uscito il sole e stasera una stellata senza nuvole ed una luna alta nel cielo...
Dopo la siccità estiva è tornato un bel tappeto verde, nel fossato si sente di nuovo scorrere l'acqua , basta un po' di sole e sembra primavera... almeno finchè non torna la tramontana e la pioggia.

lunedì 1 dicembre 2003

COLTURE BIOLOGICHE


Dopo tre anni di convivenza tra le mie caprette nane e gli olivi posso fare alcune considerazioni. Quando ho iniziato a tenere le caprette il mio scopo principale era quello di tenere pulito il mio terreno da erba, cespugli e soprattutto rovi, cosa che per motivi di tempo non riuscivo a fare. Nei fine settimana riuscivo a malapena a curare un po' d'orto e le piante da frutto, gli olivi restavano così incolti e ci usciva a malapena la provvista d'olio per casa e per le cene con gli amici.
Un altro grosso problema erano i porcastri, incrocio tra il cinghiale ed il maiale che gente sciagurata ha liberato sulle nostre colline per avere selvaggina da cacciare ma che si sono rivelati un danno terribile. A differenza del cinghiale che raramente esce dai boschi dove vive e che è poco prolifico, questi incroci devastano anche gli orti tra le case, non avendo paura dell'uomo e sono molto prolifici, come il maiale domestico.
I muri a secco vengono distrutti per cercare le lumache, il terreno scavato per tuberi e lombrichi, viti e alberi di frutta distrutti... come la maggior parte di chi ha l'hobby del contadino o lo fa' di mestiere, ero veramente demoralizzato, avevo provato di tutto, recinti elettrici, altoparlanti che diffondevano musiche giorno e notte... restava solo come soluzione un recinto molto robusto, cosa non facile in un terreno scosceso come il mio.
Iniziato a progettare il recinto, ho pensato che poteva servire a due scopi, tener fuori i porcastri e tener dentro delle caprette a cui da tempo stavo pensando. Il lavoro è stato grande e ancora oggi non è finito, ogni tanto qualche porcastro riesce a trovare un punto debole e ad entrare, ma subito rinforziamo le difese e la cosa è diventata abbastanza infrequente.
Ora finalmente posso constatare che gli olivi traggono grande beneficio dalla presenza delle simpatiche ruminanti: le erbacce sono mangiate man mano che crescono, un'ottima concimazione organica è assicurata, abbondante e ben distribuita... quando poto gli olivi non devo più usare il biotrituratore per eliminare i rami, ci pensano loro e lasciano solo legna da ardere...non devo tagliare i polloni che crescono numerosi dal ceppo degli olivi, non fanno tempo a crescere che vengono brucati.
Tutte le piante infestanti come l'edera o la rosa canina non riescono neanche a germogliare, i rovi poi appena spuntano tra le pietre sono appetiti specialmente dai piccoli che frugano col musetto tra i sassi, tra una poppata e l'altra. Quest'anno, nonostante la siccità, nella zona da più tempo recintata abbiamo raccolto olive molto più belle e numerose che non in quella parte che sono riuscito a cintare solo questa estate.


E tutto questo senza concimi chimici, antiparassitari o altre diavolerie inventate dalle multinazionali per, dicono loro, facilitare il lavoro ai contadini...e arricchirsi ai danni della nostra salute. E poi, volete mettere la compagnia di un branco di simpatiche bestiole che quando girate per il terreno vi seguono in processione??

giovedì 27 novembre 2003

LE NERINE



Sono le ambasciatrici dell'inverno, le ultime bulbose a fiorire... per tutta l'estate erano un ciuffo verde nell'aiuola, poi con l'accorciarsi delle giornate sono spuntati gli stoloni dei fiori ed infine, a fine novembre, la fioritura.
Sono fiori umili, non hanno la bellezza degli amarillis o l'eleganza dei lilium, ma si accontentano di un angolino all'ombra degli olivi dove vegetare tutto l'anno, in attesa di dischiudersi per rallegrare le corte giornate decembrine.

lunedì 24 novembre 2003

IL MARE D' INVERNO ...


Quello descritto da Ruggeri nella sua bella canzone è un mare triste, bagnato di pioggia, battuto dal vento di tramontana... è il mare che posso vedere oggi dal mio terrazzino sulla spiaggia, c'è pure un cane che corre sulla riva inseguendo qualcosa portato dal vento come nella canzone...
Ma il mare anche in inverno può essere diverso, basta che un po' di alta pressione sul Mediterraneo faccia deviare le perturbazioni atlantiche e il mare può essere questo, come in un'alba d'estate... forse la temperatura è più bassa, ma la spiaggia è deserta, senza gli ombrelloni e le cabine ...

Il sole non è ancora uscito dal mare, le luci di capo Mele e del molo sono ancora accese, il mare è una tavola, immobile... sulla palma gli storni iniziano a stridere, presto si alzeranno in volo e dopo varie evoluzioni faranno un unico stormo con quelli delle altre palme ed eucaliptus e partiranno in volo alla ricerca di oliveti da depredare. 
Sono turisti invernali, giunti qui dal nord a svernare, a rimpizzarsi di olive per rifarsi della fatica del viaggio e per essere pronti a primavera per ripercorrere la strada di casa. 
Il mare d'inverno, è come un film in bianco e nero visto alla TV...cantavano Ruggeri e la Bertè, ma può essere anche un film a colori.

sabato 22 novembre 2003

IL CARRUBO

IL   CARRUBO 
Ormai è una pianta ornamentale, però sino a cinquantanni fa' era un notevole tassello dell'economia agricola dalle nostre parti. E' un grosso albero, originario dell'Asia Minore, da cui si è esteso per coltivazione antichissima a tutto il Mediterraneo, ma solo nelle zone in cui la temperatura invernale difficilmente scenda sotto zero.
Le belle foglie lucide non cadono in inverno e in settembre maturano i frutti e contemporaneamente i fiori, che sono piccoli e verdastri; i frutti, che sono baccelli appiattiti grandi come una banana, sono molto zuccherini e venivano utilizzati per nutrire il bestiame, soprattutto i cavalli che allora trainavano carrozze e tram nelle città.
Ricordo da bambino le ultime carrozze che portavano i turisti e aspettavano sulla piazza della stazione, i cavalli avevano un cappello di paglia con i buchi per le orecchie e un sacchetto di carrube appeso al muso... masticando facevano il pieno, un pieno ecologico anche se poi ne lasciavano gli scarti (biodegradabili...) lungo la strada.
Nella zona dove ho il terreno, i carrubi abbondavano in tutte le scarpate non coltivate ad olivo, ancora adesso ce ne sono molti lungo la strada e nei giardini delle villette. Nel mio terreno sono circa una decina, molto apprezzati dalle caprette per l'ombra che fanno nelle calde giornate estive e per i frutti che cadono con le raffiche di vento in un periodo in cui c'è scarsità d'erba.

Una curiosità: il termine “carato”, cioè l'unità di misura dei preziosi, deriva dall'arabo “quirat”, seme di carrubo, che veniva usato come peso nei bilancini; se ne facevano anche rosari e anche adesso, se leggete gli ingredienti di merendine o gelati, potrete trovare la dicitura: farina di semi di carrubo.

giovedì 13 novembre 2003

RACCOLTA OLIVE



E' stata una stagione strana, una siccità mai vista che ha avuto effetti negativi su tutte le colture, ha fatto seccare molte piante anche nei boschi, ma per l'olivo gli effetti positivi sono stati maggiori di quelli negativi. Il peggiore parassita dell'olivo è la mosca, Dacus Oleae, soprattutto nelle zone costiere dove le miti temperature invernali permettono alle mosche di sopravvivere sino alla primavera.
Queste zone vengono dette dai tecnici “pandacie” cioè favorevoli al Dacus... in anni normali quasi la totalità delle olive presenta danni dai vermetti di detta mosca, a meno di non usare antiparassitari come esteri fosforici o melassa avvelenata... Inutile dire che i miei olivi non vedono simili sostanze da almeno 15 anni, come pure non vedono concimi chimici, unico concime quello che producono e spandono gratis le mie caprette!
Causa la siccità la prima generazione della mosca è stata quasi decimata e le poche mosche sopravissute hanno trovato delle olive raggrinzite e talmente dure da non poter essere forate per deporre le uova. Parecchie olive sono seccate e cadute, soprattutto quelle aggredite dalla prima generazione della mosca. Quelle rimaste sugli alberi, con le pioggie di metà ottobre si sono riprese gonfiandosi d'acqua e di olio, e sono tutte, proprio tutte, senza neanche un vermetto; una cosa quasi incredibile.
Come tutti gli anni, ho radunato il gruppo di amici interessati a farsi una scorta di vero olio extravergine ed abbiamo iniziato la raccolta delle olive, mettendo le reti tese sotto i rami delle piante più grandi e raccogliendo a mano, sempre con l'aiuto di reti, gli alberi più bassi; il tutto con il branco delle caprette pronto ad approfittare dei rami potati e privati delle olive. Grazie anche al forte vento che ha fatto cadere molte olive sulle reti, abbiamo raccolto 250 kg. di belle olive per fare una prima macinata al frantoio.
Il frantoio dove abbiamo portato le olive è di tipo tradizionale, con grosse mole di pietra e pressione a freddo della pasta di olive, stratificata su dischi forati in centro sino a costituire una pila pressata poi sino a 400 kg/cmq. L'olio e l'acqua spremuti dalla pasta di olive vengono poi inviati ad un separatore centrifugo da cui esce un extravergine già pronto per essere consumato... sembra oro liquido, con riflessi verdastri e perlacei, con una opacità che perderà poi col tempo decantandosi.
La resa è stata di 52 kg. di olio, cioè 20,8 kg. ogni 100 kg. di olive, quindi il 20,8%.  Solo chi è amante della buona tavola può capire perchè si dedichi tanto tempo e fatica a curare le piante e poi raccogliere le olive anziché acquistare l'olio in un supermercato...

mercoledì 5 novembre 2003

TI TENGU CARA


Ero una gran bella barca ...
Ricordo con quanta cura il maestro d'ascia che mi ha costruito abbia scelto il legno per il mio dritto di prua, squadrato, robusto, adatto ad infierire il primo colpo all'onda di burrasca.
E quello di poppa, sagomato ad accogliere nel suo cavo le pale liscie dell'elica e a richiudere la ferita del mare aperta dalla prora.
Aveva scelto le centine una ad una, curvate nell'acqua calda, provate e modificate infinite volte sino ad ottenere l'elegante curva dello scafo... poi le tavole, sagomate e curvate a seguire il profilo delle centine, i chiodi ribattuti con cura.
Infine la coperta, e tanta, tanta rifinitura per rendere lo scafo liscio come i fianchi di una bella donna
Il primo incontro col mare è stato nella quiete di un porticciolo, scivolando lentamente sul grasso dei legni.... poi la leggera spinta dei remi ed infine il rumore sordo del diesel e le vibrazioni dell'elica... appena fuori della diga però ho incontrato il mare vero, quelle onde gonfie di maestrale che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita, con le quali avrei combattuto e vinto per tanti anni, soprattutto quando carica di reti bagnate e piene di posidonia e pesci cercavo di doppiare il capo dietro cui avrei trovato il mio accogliente porticciolo.
In inverno venivo tirata in secco sullo scalo, la vernice raschiata con cura, soprattutto nella carena dove erano cresciute alghe e balani, poi riverniciata e messa rapidamente in mare per evitare che la secca tramontana aprisse delle fessure nel mio fasciame.
Mi era stato messo il nome TI TENGU CARA, ed io non ho mai tradito il mio padrone, nella buona e nella cattiva sorte come una moglie fedele, affrontando le brezze estive come il gelido maestrale che giunge sin qui dal golfo del Leone... e quanti pesci strappati al mare e finiti qui sulla mia coperta: rosse triglie e aragoste, argentei sgombri, dentici, spigole...
Poi un brutto giorno sono stata tirata in secco, per una normale manutenzione pensavo, invece sono stata abbandonata qui sullo scalo, con lo scafo che pian piano ha iniziato riempirsi di fessure, come le rughe di una vecchia signora... I ragazzini, visto che nessuno li sgridava, hanno iniziato a giocare saltando sul ponte, la pioggia e il sole ardente dell'estate hanno fatto il resto...
Ora sono qua, come mi vedete, una catasta di legno marcio che non ha più nulla della bella barca che ero... qualche giorno si accorgeranno di me nel preparare la legna per il falò di S.Giovanni e allora addio TI TENGU CARA...

sabato 1 novembre 2003

MAREGGIATA



Oggi era una giornata di mareggiata, stamattina c'era pioggia e raffiche di vento, vento caldo da sud-ovest che portava nuvoloni neri carichi di pioggia. In una pausa della pioggia sono andato su nel terreno, c'erano 16° e a parte le raffiche di vento non si stava male. Volevo soprattutto controllare che le reti che avevamo tese sotto gli olivi non avessero avuto danni; era tutto a posto, già molte olive erano cadute nelle reti, le caprette erano dentro i ripari di legno e si vedeva solo qualche muso che sporgeva incuriosito.

Poi il vento ha iniziato a rinforzare, gli olivi si piegavano sotto le raffiche, il mare che prima era solo increspato è diventato una distesa di schiuma bianca strappata alle creste delle onde, onde lunghe e sempre più alte che frangevano rumorosamente sugli scogli sotto di me. L'isola Gallinara sembrava una testugine che arrancava controcorrente, gli spruzzi bianchi arrivavamo a metà dello sperone di roccia della punta Falconara.

Il mare era deserto, non si vedevano né barche da pesca né navi, la tempesta di vento era stata prevista dai bollettini meteo... Ai nostri giorni è abbastanza facile navigare, ci sono porti quasi ovunque, apparati radio per ricevere gli avvisi di burrasca e poter trasmettere chiamate di soccorso.
Ma nell'800 era ben diverso, sulla spiaggia di Alassio c'erano cantieri che costruivano grossi barconi a vela che trasportavano le merci lungo la costa o verso la Sardegna, stoffe che dal Piemonte partivano verso Cagliari, olio e pecorino sardo che invece faceva il viaggio inverso, per finire nei magazzini dei mercanti liguri ed essere venduto nell'entroterra.

E se nella traversata si incappava in una simile tempesta, c'era poco da fare... si scaricava parte del carico a mare, si inchiodavano i boccaporti perchè non fossero strappati dalle onde, si usavano le pompe a mano per vuotare le sentine dall'acqua che riusciva a filtrare dalle tavole del ponte... e poi ci si raccomandava a qualche santo, magari a quello il cui nome era anche quello della barca.

I miei antenati alassini si raccomandavano ai Corpi Santi, un'urna contenente alcune ossa di martiri conservata nella chiesa di S.Caterina... queste reliquie erano state portate di nascosto dalla Sardegna da qualche armatore alassino (un “pacco” di stile partenopeo...) e venivano portate in processione tra i carruggi quando c'erano forti mareggiate... così il mare, dopo uno o due giorni si calmava!
Se si sopravviveva a qualche tempesta, era poi consuetudine far fare degli ex voto, nei vicoli di Genova c'erano artigiani che provvedevano alla bisogna: con le istruzioni del committente dipingevano un quadretto dove sopra il mare in tempesta, in uno squarcio delle nuvole, c'era il Santo che era stato felicemente invocato. Questo ex voto finiva poi in qualche chiesa o nella casa del miracolato...
In questo ex voto, risalente a un mio diretto antenato, c'è scritto: “Nell'anno 1846 addì 12 dicembre il cap.no Antonio Basso confidando nel patrocinio dei Corpi Santi di Alassio andò salvo da terribile procella”.

domenica 26 ottobre 2003

ANFORE E ZIRI



Davanti a me c'è l'isola Gallinara, in estate circondata da barche di ogni tipo e yacth ultramoderni, in inverno sembra fendere il mare, con le onde di libeccio che si infrangono contro la punta Falconara... Questo mare invernale deserto mi porta a pensare a come doveva essere al tempo dei romani, quando sulla via Julia Augusta che passa sotto di me, transitavano mercanti e corrieri diretti in Gallia.

Da ragazzo ho partecipato al recupero di un'ancora romana, più esattamente della parte in piombo di un'ancora romana perchè quella in legno ovviamente se la erano mangiata le teredini. Sul fondo poi ci sono relitti, tra cui quello carico di anfore che si trova a levante, davanti ad Albenga.
Le anfore erano il contenitore classico, soprattutto per vino ed olio, mentre per i carichi sfusi, come ad esempio le granaglie, era più comodo usare gli ziri, enormi recipienti in terracotta, veri container dell'antichità... però i container si scaricano, mentre invece gli ziri restavano fissi nella stiva come fossero cisterne. Questi grossi e pesanti contenitori venivano probabilmente messi nello scafo prima della costruzione del ponte di coperta, quindi se si incrinavano per qualche incidente dovevano essere riparati in loco.

Come si può vedere dalle mie foto, scattate a Barcaggio dove alcuni archeologi sub lavoravano su un relitto a poca distanza da riva, la riparazione era fatta con una rete di piombo fuso in scanalature eseguite nella terracotta, sia all'interno che all'esterno, oltre ovviamente allo stucco che chiudeva la fessura. Le scanalature, nella parte terminale, erano a coda di rondine per ancorare meglio il piombo.

Qualcuno dirà “ma che c'entrano le navi romane con caprette e olivi?”... e no, trasportavano anche olio e magari... qualche capretta!

mercoledì 22 ottobre 2003

DOPO LA PIOGGIA, SULLA PANCHINA...





Finalmente la pioggia!! Domenica sera uscendo dalla pizzeria le prime gocce, poi per tutta la notte una pioggia fitta, continua, che pian piano ha inzuppato la terra riarsa da oltre 5 mesi di siccità senza provocare danni. Poi lunedì nuvole alte, ancora qualche pioggerellina e oggi il sole, un bel sole caldo e un mare calmo, appena increspato da una brezza...
Gli olivi hanno cambiato aspetto, erano grigiastri, con le foglie piegate su se stesse a proteggere la poca umidità della notte, i frutti raggrinziti... ora sono verde argento, le foglie si sono distese al sole tornato amico, qualche oliva inizia ad avere la pelle più liscia, la terra torna ad essere humus e non polvere e foglie secche.
Ora possiamo bruciare le sterpaglie che attendono di essere eliminate da quando, a maggio, abbiamo fatto pulizia, senza pericolo che arrivi qualche Canadair a annaffiarci d’acqua o la forestale a farci il verbale... Bruciamo dentro dei bidoni per ulteriore sicurezza, ma il terreno tutt’intorno è perfettamente rasato dalle caprette, che se ne stanno coricate al sole a guardarci incuriosite mentre qualche maschietto passeggia tra loro annusando qua e la’...
Sembra di vedere la spiaggia sotto le mie finestre di casa!
Dopo pranzo mi siedo sulla panchina, una breve siesta all’ombra con tutto il mare e la Gallinara davanti, la tazza del caffè in mano... le due caprette bianche e quella bianconera giocano a conquistare la pietra più alta del muretto: una sale, l'altra la spinge via, poi tocca alla terza e così via... sono a pochi metri, nel recinto maternità, le madri rosicchiano pane secco e carrube che ho messo in alcuni secchi in plastica.



Una situazione idilliaca, quasi irreale, che qualcuno potrà pensare immaginaria... purtroppo la mente è da un’altra parte, il mare e questa vecchia panchina arrugginita oggi mi fanno uno strano effetto... stamani ho preso un caffè nel baretto sulla spiaggia, sottocasa, su un tavolino c’era un giornale, sulla prima pagina una foto, anzi un collage di foto, quelle trovate sul barcone, assieme a morti e zombie, trainato nel porto di Lampedusa.
Mi sono subito venuti alla mente quegli occhi sbarrati visti la sera al telegiornale, gli occhi di una bestia impaurita e braccata... ma sono state le foto che erano addosso a queste povere vittime della globalizzazione che mi hanno maggiormente impressionato.
Foto di famiglie felici vestite a festa, madre e figlie con lo chador, soprattutto una foto di due giovani, probabilmente un matrimonio: lei un viso fiero, capelli lunghi e crespi, una cascata nera, lui giacca e cravatta, due giovani che potresti incontrare per strada di domenica pomeriggio...
Forse lui era in quel barcone, su un mare nero e agitato, tra spruzzi d’acqua salata, con lo stomaco vuoto e le labbra riarse... lei in Somalia ad attendere in casa della madre quei pochi soldi che avrebbero permesso una casa propria, qualche mobile... o forse era lei quella trovata ancora viva, sepolta tra i cadaveri nella stiva.
Conosco bene il mare, so come possa essere pauroso soprattutto di notte, quando non vedi arrivare le onde se non all’ultimo momento... lo conosco e ne ho paura, figuriamoci uno cresciuto nel deserto che il mare lo vede solo al momento dell’imbarco su un vecchio barcone da pesca.

Sullo stesso giornale c’era la foto, sorriso a 32 denti, di un nostro uomo politico... ridi, ma che cazzo ridi...

giovedì 16 ottobre 2003

Il Giuggiolo


Oggi voglio parlare di un alberello che molti riconosceranno dal nome ma che probabilmente pochi avranno mai visto... è uno di quei frutti minori, che difficilmente troviamo sui mercati se non in certi negozi specializzati, vere boutiques della frutta.

E' il giuggiolo... chi non ha mai sentito la frase “andare in brodo di giuggiole”... da cosa derivi non lo so, ma ricordo bene che da ragazzino rischiavo una fucilata a sale nel fondoschiena per andarle a rubare nell'orto di un anziano collerico; ora i ragazzini non rischiano più fucilate a sale, magari vengono sbranati da un pit-bull.

Il frutto è grande come un'oliva media, con un gusto asprigno e poi dolce a maturazione, anche il nocciolo è simile a quello dell'oliva ma più appuntito. La cosa curiosa è che i fiori e poi i frutti sono all'attaccatura delle foglioline disposte lungo un picciuolo che in inverno cade; lungo i rametti crescono delle spine ricurve ma rade, nell'insieme è un alberello molto decorativo e originale.

Ho faticato parecchio a procurarmene un esemplare, eppure è una pianta molto pollonante, cioè dalle radici si sviluppano nuove piantine e quindi è molto facile riprodurla, però pochi vivai ne hanno. Richiede un clima mediterraneo e un terreno irrigato, anticamente ad Alassio, quando c'erano molti orti e pochi condomini, era facile vederne vicino alle case, dietro muretti che proteggevano le piante da frutta da noi ragazzini del dopoguerra, perennemente affamati...

Ora sono mature e io non sono più un ragazzino affamato, ma quando passo vicino all'alberello me ne riempio una tasca e ogni tanto ne mangio una, sapore di gioventù...

mercoledì 8 ottobre 2003

STEPHANIE E BRIGITTE

Capita spesso che qualche conoscente mi faccia visita con i figli per vedere le caprette, oppure qualcuno che abita nei villini sotto di me porta i bimbi vicino al recinto e loro arrivano di corsa, attratte dai pezzi di pane secco.

Ma una visita in particolare mi è stata molto gradita, quella di una ragazzina con problemi motori che ho conosciuto questa estate nel bar sulla spiaggia sotto casa mia; io dall’età di vent’anni convivo con la spondilite, malattia autoimmune che calcifica gradatamente le articolazioni e che ultimamente mi costringe a camminare col bastone, quindi sono particolarmente sensibile verso chi ha problemi simili e più gravi, specialmente ad un’età che si dovrebbe poter saltare come le mie caprette di un mese.

Così ho proposto ai genitori, in vacanza qui ad Alassio, di venirmi a trovare con la bimba per farla giocare con le caprette che erano nate da pochi giorni. Così è stato, e la capretta che le abbiamo fatto accarezzare l’ho chiamata Stephanie, come lei, e tornerà a trovarla perché è la sua capretta.
L’altra, gemella, l’ho chiamata Brigitte, sperando che la Bardot non si offenda: sono praticamente eguali, si distinguono solo dal pelo, che in Stephanie è più soffice.
Ovviamente Stephanie è la capretta a sinistra, ora hanno un mese.

domenica 5 ottobre 2003

LA CAPRETTA BIANCONERA



Come già scritto, pochi giorni dopo la mia partenza per la vacanza, è nata una capretta, avevo visto che la madre era incinta ma non era così grossa da pensare ad un parto a breve, non pensavo che ne avesse una sola.
Così, fortunatamente il mio amico Petre ha visto la piccola zampettare dietro la madre, anche perché ha un colore molto vistoso come potete vedere dalla foto; presa in braccio la piccola, con un po’ di difficoltà perché è vivacissima, l’ha portata nel recinto maternità seguito dalla madre belante.

Nel recinto c’era già la capretta con le due gemelline bianche, ma lo spazio è tanto e dopo qualche schermaglia tra le madri tutto si è calmato… mentre le due caprette bianche seguono la madre senza particolare vivacità, quella bianconera corre avanti e indietro per il recinto, si arrampica sul muretto o sulla biforcazione bassa di un olivo, ovviamente senza perdere di vista la madre. Questa è completamente bianca, di taglia superiore alla media forse per via di lontani incroci, anche le mammelle non sono da capra tibetana, nelle vere caprette tibetane le mammelle si gonfiano solo nell’allattamento, poi spariscono e si vedono solo i due capezzoli.

Oggi ha fatto temporale ma sono cadute le solite quattro gocce, per fortuna gli olivi hanno una forte resistenza alla siccità; con la pioggia di oggi siamo a 17 mm in 4 mesi, una media da deserto dei Gobi… speriamo ora nelle altre perturbazioni autunnali, attualmente non c’è più un filo d’erba verde. 

venerdì 3 ottobre 2003

RITORNO DAL PARADISO

Certo, direte voi, paradiso è un po' esagerato, ma per me è un paradiso, nonostante che nel mio sito tra gli olivi non si stia poi male... Sono stato fortunato, due settimane di mare quasi calmo, passate a pescare a traina mattina e pomeriggio, quando non ero occupato a pulire pesce e sfilettare per preparare carpaccio o cucinare...
Filetti di ricciola cotti nel limone o impanati con uova e "chapelure", occhiate, dentici e ricciole sul grill, altri dentici lessi con maionese, frittura di latterini e aguglie di cui era pieno il porticciolo (c'erano barracuda di due chili che ne mangiavano in quantità ma non abboccavano alle mie canne)... avevo tanto pesce a disposizione che non ho mai comperato le grosse triglie che pesca il mio amico JFR con le reti; tra l'altro gli è venuta la passione del ballo liscio, diserta il mare per tanghi e paso doble, è diventato un pescatore- ballerino...

Grazie al mare calmo con poca brezza, sono stato molte volte alla torre S.Maria, una vecchia costruzione parzialmente crollata costruita proprio sugli scogli e sembra sorgere dal mare... è a circa 3 miglia, verso Macinaggio, in una zona molto bella e pescosa, ma piena di secche pericolose, scogli appena sotto la superficie e bisogna tenere gli occhi ben aperti pescando a traina.
Ne vale però la pena perchè ci sono molti dentici di tutte le taglie e piccole ricciole che per me sono il pesce più buono dei nostri mari... Possono raggiungere il peso di 40 kg., ma sopra il chilo abboccano solo al vivo e non posso certo fare quella pesca con la mia barchetta e le mie canne... io mi accontento di trainare i miei pesciolini artificiali o piumette e prendere pesci di porzione, come il dentice da chilo della foto.
Nei pochi giorni di vento forte, ne approfittavo per far provviste a Macinaggio o Centuri, a Barcaggio non esitono negozi, solo ambulanti col furgone che vengono determinati giorni della settimana... oltre a pecorino e salame corso, acquistavo benzina per il fuoribordo, tanichette di vino rosè e "baghettes", che surgelavo per avere il pane fresco tutti i giorni.
Secondo il mio parere, il pane è una delle poche cose che i francesi sanno fare meglio di noi, il pane commerciale intendo... anche scongelate, le "baghettes" restano morbide come pane fresco.  Lungo la strada che da Barcaggio porta su alla statale, ci sono due allevamenti di capre ed è facile vederle pascolare o riposare davanti alla stalla... sono capre di taglia media, molto pelose e con corna lunghe e sottili, piegate ad ampio cerchio; si nutrono di corbezzoli, mirto, lentisco, producono un formaggio molto aromatico e piccante, per palati forti.
Una sera c'erano amici locali che pranzavano al ristorante sulla piazzetta, tra cui un mio "collega bergère", e me ne hanno offerto un pezzetto di quello ben stagionato e con "inquilini"... per fortuna stavo uscendo, sono corso a casa a bere una birra, avevo un alito che uccideva le mosche, mia moglie si teneva a distanza!
Mercoledì sera sono rientrato, con due borse frigo piene di pesce e tanichette di vino per organizzare una bella cena con gli amici che si sono occupati delle mie caprette durante la mia assenza; ne è nata una bianconera (per la gioia di mia moglie, blucerchiate non ne nascono mai...), presto ne vedrete la foto anche voi.
Un'ultima cosa: mentre ero assente il contatore del mio sito ha raggiunto e superato i 1.000 scatti... ringrazio Splinder per lo spazio che mi regala, Supereva che mi conserva sul suo server i file jpg delle foto, e sopratutto quanti mi vengono e verranno a visitare! GRAZIE A TUTTI !!

domenica 14 settembre 2003

LA PANCHINA DI BARCAGGIO

Ormai ci siamo, tra poche ore si parte per la Corsica... le caprette affidate agli amici, il traghetto prenotato, la casa idem. Due settimane di riposo, di bagni e di pesca alla traina (tempo permettendo) di cucina di pesce, formaggi e salumi locali (lonzo e figatellu).

Barcaggio è un paesino di pescatori, sull'estrema punta di capo Corso, quello che viene definito l'isola nell'isola perchè è una zona del tutto particolare rispetto al resto della Corsica. E' conosciuto per la spiaggia di dune, popolata più di bovini che di umani, eccetto agosto quando si riempie il piazzale del parcheggio a pagamento.

Buona parte della punta di capo Corso è riserva faunistica, sia perchè vi sostano gli uccelli migratori prima di attraversare il mar Ligure nel loro viaggio verso nord (o viceversa), sia per alcune specie animali endemiche come il gabbiano corso dal becco rosso corallo.
Esiste poi un sentiero che costeggia tutta la punta, da Macinaggio a Centuri, quello che percorrevano i doganieri per tenere sotto controllo tutti gli approdi della zona... è un sentiero bellissimo, quasi tutto a strapiombo sul mare, in mezzo alla macchia mediterranea e ai ginepri prostrati dal vento, però ci vogliono gambe buone (non le mie...) e fisico resistente, ma il paesaggio merita... una tappa è la torre di Agnello, sul capo verso la Capraia.

Barcaggio si trova a circa metà percorso, quindi il sentiero può essere percorso in due tappe, con la possibilità di fare uno spuntino da Nonò, la proprietaria del ristorantino sulla piazzetta, U Pescadore.
Io, non avendo le gambe buone, mi accontento di pescare alla traina lungo la costa o attorno alla Giraglia, un'isola brulla battuta dal vento su cui cresce solo erba concimata dai gabbiani... a gennaio, per le pioggie frequenti, era tutta verde.

Come già scritto, quando non sono in mare o in cucina, me ne sto' seduto sulla panca di serpentino verde davanti a casa, a guardare il mare con le onde che frangono contro l'isola, i cormorani che pescano all'imboccatura del porticciolo, un gabbiano che sta quasi tutto il giorno sulla punta della diga pronto a tuffarsi sui pesci di scarto che i pescatori gettano in mare pulendo le reti.
Molto spesso sono in compagnia, qualche amico si ferma a chiaccherare... lì il tempo scorre lentamente, senza frenesia... tra un bicchiere e l'altro si parla di avventure di pesca, magari esagerando un po' ...
Ormai sono di casa, sono stato lì anche una settimana a capodanno e abbiamo fatto il cenone da Nonò, eravamo in quindici, quasi tutto il paese... io ho portato zampone e lenticchie, una novità che è stata molto apprezzata, con la conseguenza che sono avanzate molte ostriche ed io e mia moglie abbiamo rischiato l'indigestione... sono buonissime, vengono dallo stagno di Diana, sotto Bastia, sono piccole ma piene.
Era anche stagione di calamari, ogni giorno ce ne regalavano e ci siamo levati la voglia... quest'anno di nuovo, capodanno a Barcaggio...

mercoledì 10 settembre 2003

LA FAMIGLIA AUMENTA






Dopo la pioggia di ieri ( ben 5 mm... sufficente appena a levare la polvere dagli olivi ) oggi era una giornata splendida, non una nuvola in cielo e il mare increspato da una discreta brezza, l'orizzonte si stagliava netto, insomma una giornata da foto...
Appena arrivato nel sito "reale", sono stato accolto da deboli belati, la capretta nel recinto maternità aveva partorito. Era già qualche giorno che mangiava poco ed era sempre coricata, partorirà al plenilunio, pensavo: infatti c'erano due caprette incerte sulle gambe, entrambe bianche e pressochè uguali
Un pò abbagliate dal sole forte, avevano trovato riparo all'ombra dell'olivo e cercavano i capezzoli della madre per le prime poppate... poi si sono messe in un angolo una sull'altra a dormire.
Sono rimasto un pò sulla panchina a guardarle, all'orizzonte si vedevano le cime delle montagne corse... non capita spesso in estate ... aspettatemi, pensavo, arrivo domenica...

sabato 6 settembre 2003

IL TERRIBILE LINDO

Come avevo previsto, questo capretto che non ha ancora tre mesi mi fa' ammattire... riesce ad uscire dalle maglie della rete e scorazzare nella zona coltivata, per fortuna non ama le foglie delle sterlitzie, ma le carrube riservate alla capra incinta nel recinto maternità, il pane secco tagliato a pezzetti e dentro un secchio che immancabilmente rovescia.
Io chiudo la rete dove lo vedo scappare quando lo sgrido, lui dopo un po' esce da un'altra parte, basta che ci passi la testa e via, nonostante sia cresciuto discretamente come si può vedere dalla foto, si allunga come un'anguilla.
Ormai finge di non sentirmi quando grido per farlo scappare, non si spaventa neppure se agito un bastone, ha capito che è solo una finta ...

Aggiornamento: non sono passate neanche 24 ore e il terribile capretto mi ha defoliato le piante di peperoni nell'orto... in compenso ho trovato il modo di farlo fuggire, basta uno spruzzo d'acqua e fugge belando come un matto da mamma capra!

domenica 31 agosto 2003

MARY E PINA

Oggi le due gemelline compiono 5 mesi, ad entrambe sono cresciuti dei cornini a gancetto, i pendini sul collo si sono allungati e somigliano a quelli della nonna Marta...
Questa è Mary, quella con i pendini sul collo scuri, è un pò più magra della sorellina, ma altrettanto vivace e segue come un'ombra la gemella.
Questa invece è Pina, con meno macchie scure e i pendini bianchi; è sempre lei che decide dove andare, sempre in cerca di un passaggio nella rete per entrare nella zona coltivata o arrampicarsi sulla catasta della legna per arrivare ai rami dell'albicocco. Nonostante i 5 mesi, ogni tanto corrono dalla madre Briciola a succhiare il latte che sarà sicuramente poco ...

lunedì 25 agosto 2003

PIPPO

I capretti di pochi mesi sono sempre belli e fanno tenerezza, le femminucce normalmente conservano una loro bellezza, tranne ovviamente eccezioni, i maschietti invece nel crescere perdono, almeno dal nostro punto di vista "umano", quel loro fascino...
I tratti si fanno più spigolosi, il mantello bianco diventa giallastro o sporco sul muso, l'odore poi non è certo Chanel n.5, almeno per le nostre narici! Però Pippo è un'eccezione, secondo mia moglie è il George Clooney dei capri (quello di no Martini, no Party... per capirci). Quando è arrivato da me aveva circa un mese, l'ho acquistato assieme alla madre e ad altre caprette ad aprile 2000; si era subito conquistato le simpatie di mia moglie perchè si arrampicava sul bordo del muretto contro la rete del recinto ed attendeva pazientemente i bocconcini di pane secco.


Ora, dopo tre anni, ha sviluppato un bel paio di corna, è un pò tozzo ma muscoloso, di indole molto tranquilla con gli "umani" ma litigiosa e dominante con gli altri maschi adulti, che tiene alla larga dal suo harem con cariche a testa bassa; un giorno un gatto passava appena fuori dal recinto, mentre le caprette lo guardavano sospettose con le orecchie diritte, lui è partito in picchiata come un caccia bombardiere, si è scagliato contro il malcapitato felino che non è stato ridotto a polpetta solo grazie alla robusta rete del recinto che ha assorbito l'urto delle corna... Il povero gatto, che non aveva certo intenzioni bellicose, è schizzato via come un razzo e non l'ho più visto nei dintorni... brutta gente, avrà pensato, gran brutta gente!

giovedì 21 agosto 2003

LINDO


Nel post di sabato 02 agosto ho parlato dei due capretti tzigani (così chiamati dall'amico Petre, rumeno) e della loro vivacità, come avevo anticipato li ho fatti andare con la madre assieme a tutti gli altri, non essendoci più il rischio che qualche volpe li portasse via, come può succedere con capretti troppo giovani, inoltre mi serviva il recinto maternità per un'altra capretta che dovrebbe partorire a breve.
Mentre il più grande dei due, Gigi (vedi foto sul post 02/08/03 ) segue la madre, il più piccolo, che mia moglie ha chiamato Lindo perchè tutto bianco, entra attraverso le maglie della rete nel recinto maternità, rischiando le cornate della capretta incinta, ed esce poi nella zona interdetta alle caprette perchè coltivata, passando a stento attraverso una maglia della rete..
La testa e le zampe anteriori passano agevolmente, il pancino e le zampe posteriori un po' meno... senza fermarsi a rosicchiare fiori o verdure, viene direttamente dove sono seduto a pranzare e mi salta sulle ginocchia senza che io me l'aspetti... sa che un panino sul tavolo c'è sempre,  io lo taglio a pezzetti e lui mangia, ritto sulle zampe posteriori sinchè non è sazio, mentre madre e fratello belano oltre la rete! Appena ha il pancino pieno, si mette a belare come un disperato e corre dalla madre, passando per un'altra maglia della rete.
Tutto questo sempre quando siamo seduti al tavolo a pranzare oppure prendiamo un caffè a metà pomeriggio... sembra proprio che aspetti di vedermi seduto... voglio  vedere cosa si inventerà quando sarà troppo grande per passare attraverso la rete!
 
Template by Blografando || Distribuito da Adelebox