mercoledì 22 ottobre 2003

DOPO LA PIOGGIA, SULLA PANCHINA...





Finalmente la pioggia!! Domenica sera uscendo dalla pizzeria le prime gocce, poi per tutta la notte una pioggia fitta, continua, che pian piano ha inzuppato la terra riarsa da oltre 5 mesi di siccità senza provocare danni. Poi lunedì nuvole alte, ancora qualche pioggerellina e oggi il sole, un bel sole caldo e un mare calmo, appena increspato da una brezza...
Gli olivi hanno cambiato aspetto, erano grigiastri, con le foglie piegate su se stesse a proteggere la poca umidità della notte, i frutti raggrinziti... ora sono verde argento, le foglie si sono distese al sole tornato amico, qualche oliva inizia ad avere la pelle più liscia, la terra torna ad essere humus e non polvere e foglie secche.
Ora possiamo bruciare le sterpaglie che attendono di essere eliminate da quando, a maggio, abbiamo fatto pulizia, senza pericolo che arrivi qualche Canadair a annaffiarci d’acqua o la forestale a farci il verbale... Bruciamo dentro dei bidoni per ulteriore sicurezza, ma il terreno tutt’intorno è perfettamente rasato dalle caprette, che se ne stanno coricate al sole a guardarci incuriosite mentre qualche maschietto passeggia tra loro annusando qua e la’...
Sembra di vedere la spiaggia sotto le mie finestre di casa!
Dopo pranzo mi siedo sulla panchina, una breve siesta all’ombra con tutto il mare e la Gallinara davanti, la tazza del caffè in mano... le due caprette bianche e quella bianconera giocano a conquistare la pietra più alta del muretto: una sale, l'altra la spinge via, poi tocca alla terza e così via... sono a pochi metri, nel recinto maternità, le madri rosicchiano pane secco e carrube che ho messo in alcuni secchi in plastica.



Una situazione idilliaca, quasi irreale, che qualcuno potrà pensare immaginaria... purtroppo la mente è da un’altra parte, il mare e questa vecchia panchina arrugginita oggi mi fanno uno strano effetto... stamani ho preso un caffè nel baretto sulla spiaggia, sottocasa, su un tavolino c’era un giornale, sulla prima pagina una foto, anzi un collage di foto, quelle trovate sul barcone, assieme a morti e zombie, trainato nel porto di Lampedusa.
Mi sono subito venuti alla mente quegli occhi sbarrati visti la sera al telegiornale, gli occhi di una bestia impaurita e braccata... ma sono state le foto che erano addosso a queste povere vittime della globalizzazione che mi hanno maggiormente impressionato.
Foto di famiglie felici vestite a festa, madre e figlie con lo chador, soprattutto una foto di due giovani, probabilmente un matrimonio: lei un viso fiero, capelli lunghi e crespi, una cascata nera, lui giacca e cravatta, due giovani che potresti incontrare per strada di domenica pomeriggio...
Forse lui era in quel barcone, su un mare nero e agitato, tra spruzzi d’acqua salata, con lo stomaco vuoto e le labbra riarse... lei in Somalia ad attendere in casa della madre quei pochi soldi che avrebbero permesso una casa propria, qualche mobile... o forse era lei quella trovata ancora viva, sepolta tra i cadaveri nella stiva.
Conosco bene il mare, so come possa essere pauroso soprattutto di notte, quando non vedi arrivare le onde se non all’ultimo momento... lo conosco e ne ho paura, figuriamoci uno cresciuto nel deserto che il mare lo vede solo al momento dell’imbarco su un vecchio barcone da pesca.

Sullo stesso giornale c’era la foto, sorriso a 32 denti, di un nostro uomo politico... ridi, ma che cazzo ridi...

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